Rassegna Stampa
Cura Zamboni, doccia fredda della Regione: "No alla diagnostica"
- 29 Apr
Il futuro della sanità
Confermata la sperimentazione sulla Ccsvi ma non potrà visitare pazienti oltre quelli ammessi alla ricerca
di Stefano Lolli
Ferrara, 28 aprile 2012 - Doccia fredda della Regione per il metodo Zamboni: a Cona partirà la sperimentazione ‘Brave Dreams’ sulle interrelazioni tra l’insufficienza cronica venosa e la sclerosi multipla, ma il medico ferrarese non potrà supportarla con un’attività diagnostica e, tanto meno, terapeutica.
Lo stop, perché nei fatti di questo si tratta, arriva dall’assessore regionale alla Sanità Carlo Lusenti che ha protocollato la propria risposta ad un’interrogazione del consigliere del Pdl Mauro Malaguti. «Un’attività di diagnosi e terapia, al di fuori di un progetto di ricerca sulla Ccsvi — scrive Lusenti —, potrebbe solo indurre il ricorso a trattamenti condotti al di fuori delle regole che caratterizzano il servizio sanitario, almeno per quello che riguarda la sfera pubblica».
In pratica, le uniche visite ed esami che Zamboni ed il suo staff potranno condurre, saranno quelle che rientreranno nella sperimentazione la cui partenza è ancora confermata per il prossimo mese di maggio, in concomitanza con l’avvio dell’ospedale di Cona: qui però il medico ferrarese non potrà svolgere gli esami — peraltro non invasivi — ad iniziare dall’ecodoppler alle vene del collo, od i test di valutazione diagnostica che rappresentano gli elementi più innovativi del suo metodo. Uno di questi test, fra l’altro, è stato validato nei giorni scorsi dalla più importante rivista vascolare del mondo; si tratta dell’ennesimo riconoscimento della comunità scientifica internazionale, ma non è sufficiente ad allargare le maglie della gabbia che pare stringersi attorno agli studi di Zamboni.
Il medico non polemizza, anche se già nel tono della voce la delusione e il disappunto sono palpabili: «Sarà il tempo...», prova a scherzare. Dicendo subito di non voler commentare questa presa di posizione della Regione «perché devo innanzitutto tutelare i pazienti che prenderanno parte alla sperimentazione». Tra questi, come riportato nelle scorse settimane proprio dal Resto del Carlino, la presenza di malati ferraresi sarà affidata alla scelta effettuata da centri neurologici di altre città e regioni. Il dipartimento di Neurologia del Sant’Anna, infatti, non ha aderito alla sperimentazione Zamboni: «Sono gli enigmi della sanità di casa nostra», sbotta il consigliere regionale del Pdl Mauro Malaguti.
Che diversamente dal medico non si trincera nel no comment, ed anzi attacca: «La Regione ha gettato la maschera, ed ora sappiamo con certezza che la diagnostica della Ccsvi, attraverso test diagnostici innovativi frutto della ricerca ferrarese e applicati in tutto il mondo su pazienti affetti da sclerosi multipla, non troverà un tetto a Cona». In pratica, incalza Malaguti, «a Zamboni restano 60 pazienti provenienti peraltro da fuori Ferrara ed inseriti nella sperimentazione nazionale, in attesa dei tempi di almeno due o tre anni, per la valutazione e la legalità dell’evidenza scientifica». Nel frattempo, ai tanti pazienti che lo contattano e lo contatteranno — da Ferrara ma anche da ogni parte d’Italia e da vari paesi stranieri — il professore «dovrà spiegare che per il momento non potrà visitarli neppure con una diagnostica assolutamente non invasiva — sottolinea l’esponente del Pdl —; come se, per quanto lo riguarda, un ecodoppler effettuato in angiologia fosse illegale».
Il tutto mentre il business attorno al dramma dei malati di sclerosi multipla, sembra fiorire: «Tante cliniche private, dietro remunerate prestazioni — conclude Malaguti —, continueranno a praticare l’attività diagnostica e la terapia fondate sugli studi di Zamboni: chiunque altro potrà praticarle, a pagamento, ma a Cona non troveranno un tetto».
Stefano Lolli