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CoSMo: il parere di Avruscio
- 28 Gen
Interviene sui risultati dello studio CoSMo di Aism il Dr. Giampiero Avruscio, responsabile di angiologia dell'Ospedale S. Antonio di Padova
Ecco il suo dettagliato commento tecnico:
"La relazione tecnica presentata dal dr. Del Sette illustra solo le conclusioni a cui è arrivato CoSMo e non tutto il percorso che in parte si trova ben spiegato nelle varie interviste e approfondimenti sia dallo stesso dr. Del Sette che dal prof. Giancarlo Comi e dal prof. Gianluigi Mancardi, pubblicati nel sito AISM.
1) Sonologi esperti e formati per lo studio. Nelle interviste pubblicate nel sito AISM si dichiara: "Per diagnosticare la CCSVI secondo le indicazioni di colui che per primo l'ha identificata, ossia il professor Paolo Zamboni, bisognava individuare la presenza di 2 su 5 alterazioni del sistema venoso. Nel caso di CoSMo, l'esame veniva svolto da diversi neurosonologi locali, appositamente formati."
Nella formazione dei sonologi esperti, il dr. Del Sette nel filmato registrato comprende i possibili artefatti, il gel, la pressione della sonda, la sua inclinazione, il settaggio dell'apparecchiatura, l'uso del colore...sono tutti elementi che fanno parte della formazione base di chi si approccia per la prima volta agli ultrasuoni, fondamentali per il neofita che voglia avvicinarsi allo studio con metodica ecocolordoppler di qualsiasi distretto vascolare. Non è chiaro nell'esposizione e nelle interviste se la formazione e l'esperienza dei neurosonologi esperti nel campo dell'ecocolordoppler, di per sè definito esame "operatore dipendente", è quella ricavata solo dallo studio dei vasi arteriosi extra e intracerebrali di cui si occupano i neurosonologi. Ovvero: i mille esami totali eseguiti nei due anni come prevede il protocollo CoSMo, sono 1000 esami eseguiti per lo studio venoso nella diagnosi di CCSVI, del distretto venoso in generale oppure nell'ambito del distretto arterioso?
Nelle interviste rilasciate sul sito AISM si scrive: "a livello scientifico non è ancora chiaro esattamente cosa si stia misurando quando si cerca la CCSVI, perché i 5 criteri indicati per identificarla risultano in alcuni casi difficilmente misurabili e riproducibili". Proprio per questo è necessaria una preparazione ed esperienza accurata, ampia e specifica sul versante venoso in generale e del distretto dei vasi venosi del collo più in particolare, che i neurosonologi per loro cultura e formazione non hanno.
2) Lo studio CoSMo è in doppio cieco, nel senso che i sonologi esperti non conoscono se il paziente è sano, ammalato o con altra patologia. Sempre nelle interviste pubblicate nel sito AISM il prof COMI dichiara: "La lettura dei sonologi locali, distinta nei diversi gruppi, dà una positività della CCSVI nel 12% delle CIS, nel 14% nelle SM relapsing remitting, nel 28% nelle SM primarie progressive e nel 22% delle SM secondarie progressive. Se guardiamo, invece, ai dati dei lettori centrali la CCSVI risulta presente nello 0% delle CIS, nel 3,7% delle forme RR, nel 2,5% delle forme secondarie progressive, nel 2,8% delle primarie progressive. Il lettore locale, vedendo le persone, tende a leggere una maggiore presenza di CCSVI in chi si presenta con forme più gravi e invalidanti. I lettori centrali, invece,non vedendo il malato e non avendo criteri per distinguere a quale sottogruppo appartenga, tendono a vedere la presenza di CCSVI in modo analogo in tutti i sottogruppi di SM, così come nei sani e nelle altre malattie." L'ecocolordoppler non è un esame come la flebografia, le cui immagini possono essere lette da qualsiasi radiologo. E' indispensabile l'interpretazione e l'esperienza del medico che lo esegue, sulla base di elementi funzionali, emodinamici, anatomici, oltre alle specificità tecniche dell'apparecchiatura ecc....non si chiamerebbe altrimenti "esame operatore dipendente". Una lettura esterna di una clip video dinamica e/o di immagini statiche, per quanto esperta possa essere, non è in grado di utilizzare valutare appieno tutte le informazioni di dati e condizioni che hanno portato il sonologo ad una specifica diagnosi dopo almeno un'ora di esame eseguita da esperti, quindi poco influenzabili dalle condizioni dei pazienti che in ogni caso non sono conosciuti, a meno di grossolani errori come l'accentuata pressione della sonda, la presenza di artefatti, la non utilizzazione corretta del gel, così come una non corretta regolazione della scala colore, ecc...errori che appunto non dovrebbero essere commessi da sonologi esperti. In ogni caso se lo studio così come disegnato lasciava spazio a condizionamenti sulla base solo della presenza del paziente, da compromettere l'assoluta cecità, una maggiore attendibilità si sarebbe potuta ottenere con la registrazione di tutto l'esame (non solo di una sua parte) eseguito ad esempio dal sonologo del centro A, con successiva lettura, interpretazione e diagnosi eseguita dal sonologo del centro B e così via. Ovvero ogni centro partecipante allo studio "legge" l'esame completo eseguito in altro centro, evitando quei condizionamenti che secondo i disegnatori dello studio si sarebbero potuti verificare e in questo modo non ci sarebbe stato bisogno della valutazione dei tre superesperti che hanno analizzato solo una parte di uno studio che dura da un'ora fino anche a due ore, con la possibilità di trascurare e sottostimare dati importanti per una corretta diagnosi, tenendo presente che ci si muove sempre nel campo di esami operatore dipendenti. Per questa stessa ragione non appare del tutto comprensibile l'assoluta assenza di "falsi negativi".
Non è chiaro a quale numero di pazienti corrisponde la somma del 12% delle CIS, del 14% delle SMRR, del 28% delle SMPP rispetto al numero totale di pazienti esaminati, ma risulta chiaro che queste percentuali sono state abbassate di moltissimo (quindi risultati "falsi positivi") rispetto ad uno 0% di "falsi negativi".
L'obiettività, nel caso di esami che presentano molte variabili, compresa l'esperienza e capacità dell'esaminatore, esperto o superesperto che sia, si raggiunge con il confronto di un gold standard, come studi morfologici (Diaconu et coll hanno osservato la maggior prevalenza, nelle giugulari di cadaveri di pazienti SM, di difetti intraluminali) o come la flebografia. Lo è per la patologia arteriosa, a maggior ragione per il campo venoso. Nel distretto venoso degli arti inferiori ad esempio, il cui studio con Ecocolordoppler è sicuramente più difficile e complicato rispetto al distretto arterioso, solo dopo molti anni di confronti e validazioni non si ricorre (quasi del tutto) alla flebografia diagnostica. Nello studio CoSMo manca la validazione che rende attendibili e oggettive le conclusioni degli esami, la cui esecuzione, i cui criteri diagnostici, la loro interpretazione, presentano molte variabili soggettive. Non si conosce inoltre in quali centri si è verificata la maggiore positività, in quali la più ampia negatività o se i dati sono spalmati in modo omogeneo in tutti i centri. Da sottolineare inoltre che in caso di contrasto nella diagnosi tra i valutatori esterni, la decisione dell'appartenenza ad una o all'altra categoria diagnostica è stata presa a "maggioranza", concetto sicuramente democratico, ma come si sa bene nella scienza molto spesso la verità di uno contrasta con le false vie di una moltitudine, per cui anche in questi casi si sarebbe dovuto ricorrere alla flebografia.
3) Sempre nelle interviste pubblicate nel sito AISM si riferisce: "Se si verifica una tale differenza di 'visione' sulla condizione di CCSVI, forse è perché quella stessa condizione non ha una caratteristica di così forte oggettività. Il problema non è tanto nella mancanza di accordo su ciò che si vede quando c'è la CCSVI, forse il problema che sta in radice è che questa condizione, almeno con la tecnica di ecocolor Doppler, è difficile da osservare in modo oggettivo, riproducibile, immediatamente riconoscibile allo stesso modo in ogni Centro e da ogni esperto di immagini sonologiche." Infatti la CCSVI è di recente acquisizione, nessuno prima di Zamboni, se non in casi sporadici descritti in Letteratura osservati da radiologi, ha mai analizzato tale distretto e posto le basi per un razionale di studio. L'Università non ha mai insegnato nulla a questo proposito, né agli studenti di medicina, né agli specialisti del settore, soprattutto se neurologi che come ripeto per cultura e formazione si sono sempre occupati di patologia arteriosa riferita solo ai vasi del collo cerebro afferenti e arteriosi intracranici. Proprio per questo credo che lo studio CoSMo costituisca un fondamentale incentivo e stimolo per ulteriori studi che prevedano un confronto su ampia scala con il gold standard come la flebografia e sperimentare metodiche di screening più agevoli e attendibili, come la pletismografia venosa, da sempre utilizzata per il sistema venoso degli arti inferiori e nuova frontiera invece nel suo uso nell'ambito della CCSVI."
Giampiero Avruscio
Prof. a.c. II Scuola Specializzazione Cardiologia Università di Padova
Direttore Medicina Specialistica
Resp. Servizio e Day Hospital Angiologia Osp. Sant'Antonio ULSS 16 – Padova